Edgar Morin filosofo sociologo francese nato a Parigi nel 1921 è uno dei massimi esponenti della cultura contemporanea. Morin ha dedicato gran parte della sua opera ai problemi di una “riforma del pensiero”, affrontando le questioni alla base delle sue riflessioni sull’umanità e sul mondo: la necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi presente nella nostra epoca e che sia capace di educare gli educatori a un pensiero della complessità.
Possiamo considerarlo un filosofo “integrale”, principalmente interessato alle sfide che pone il futuro al pensiero e a ricercare le basi teoriche sulle quali appoggiarsi per vincere queste sfide che si vanno accumulando.
“è la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame delle due culture disgiunte. Si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, poiché concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza”
Rispondendo ad una proposta dell’Unesco, Morin delinea sette saperi o sette qualità fondamentali che l’educazione, in ogni società e in ogni cultura di oggi, dovrebbe trattare. Questo breve testo è la sintesi delle riflessioni di Morin su una riforma del pensiero che permetta la nascita di una visione del mondo che rifletta la “comunità di destino” del genere umano.
1) Chiedersi cosa sia la conoscenza, considerare il rischio dell’errore e dell’illusione.
La raccomandazione qui è di: “armare ogni mente nel combattimento per la lucidità” perché è importante conoscere i processi, le modalità, il carattere della conoscenza umana.
Qui troviamo un esortazione di fondamentale importanza per chiunque voglia intraprendere un cammino di risveglio, di crescita, di maturazione psicologica. Armatevi di lucidità, vuol dire fugare le nebbie, gli ostacoli interiori, le paure, i filtri attraverso cui guardiamo e che dimentichiamo di avere. Già questa la definirei la prima fatica erculea che ci attende, e che richiede una cura e una pratica quotidiana.
2) Cogliere i problemi globali e fondamentali per inscrivere in essi le conoscenze parziali e locali
Dice Morin, “questo è un problema capitale e sempre misconosciuto”. E’ necessario sviluppare l’attitudine naturale della mente umana a situare tutte le informazioni in un contesto e in un insieme, saper cogliere le mutue relazioni e le influenze reciproche tra le parti e il tutto.
Acquisire ed esercitare la capacità di una visione d’insieme, da tener presente in ogni nostra azione. La richiesta è di non pensare in modo digitale, ma in modo analogico, per non spezzare l’intima relazione esistente tra le cose e tra noi e il mondo. Il secondo insegnamento, la seconda fatica, esorta a combattere miopia, chiusura mentale e limitatezza di vedute
3) Insegnare la condizione della complessità del fenomeno umano.
Mostrare il legame indissolubile tra l’unità e la diversità di tutto ciò che è umano.
Qui si sottolinea il pericolo del pensiero riduzionistico, che confonde complesso con complicato e affronta la complessità con timore e strumenti inadeguati. La terza lezione da apprendere è quella di non lasciarsi spaventare ma insegnare/imparare a stare nella complessità riconoscendola come una qualità. La fatica consiste nel abbandonare l’abitudine a polarizzare, a vedere tutto come bianco o nero, dove tutto è fatto di conflitti.
4) Sapere che tutto il mondo ha ormai chiaramente un unico destino.
e che quindi gli stessi problemi saranno sempre più evidenti per tutti. Abbiamo bisogno di imparare ad essere, a vivere, a condividere, a comunicare, ad essere in comunione, i quanto umani del pianeta Terra.
Questa lezione tocca corde profonde, quelle dell’appartenenza, è una dimensione primaria e ancestrale. Come sappiamo vincere la paura dell’altro quando si ha paura per se stessi è estremamente difficile. Per questo la fatica a riconoscere la radice comune in quanto abitanti del pianeta Terra è altrettanto grande. Non meno grande è la difficoltà a concepire misure planetarie, cambiamenti planetari, interconnessione planetarie, sono tutti concetti difficili da visualizzare.
5) Sapere come muoversi nell’incertezza.
le certezze delle scienze, delle religioni, delle ideologie sono crollate. È importante imparare strategie per non spaventarci dell’incerto e dell’inatteso.
Queste strategie sono patrimonio delle culture orientali e da esse dovremmo apprendere quest’arte. Il concetto di impermanenza, di non attaccamento, sono gli elementi che servono per affrontare questa fatica.
6) Imparare/insegnare a comprenderci, a comunicare.
L’educazione alla comprensione è oggi molto importante. Scoprire che cosa impedisce la comprensione reciproca e vedere gli effetti di dolore e di violenza che questa incomprensione causa.
La parola chiave qui è empatia. Una parola che sta diffondendosi sempre di più, ma sulla quale non c’è molta chiarezza. La capacità di comprendere lo stato d’animo altrui vuol dire mettere a tacere temporaneamente le proprie inquietudini. Quale fatica maggiore di quella di non entrare in risonanza, di non vibrare per simpatia, per reazione alle emozioni altrui e saper ascoltare.
7) Acquisire un etica del genere umano.
Morin traccia un triangolo che indica il carattere ternario della condizione umana: l’essere contemporaneamente un individuo, un soggetto che fa parte di una specie ed è ad essa strettamente collegato, un agente che organizza la società. Chiama questa consapevolezza antropo-etica o etica del genere umano.
La lezione da imparare è che la nuova etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l’umano è al tempo stesso un individuo, una specie e una società. La qui fatica consiste nel restare in equilibrio dinamico tra queste tre sfere, individuo, specie e società, tutte equamente importanti.
Il libro è certamente da leggere, meditare e poi regalare, nella speranza che sia da stimolo a chi desideri insegnare/imparare le qualità indispensabili per vivere su questo pianeta in futuro.